Crash test: via agli urti frontali

In breve

L’articolo è il completamento di “Urto frontale tra due auto e luoghi comuni”. 

Si riportano e commentano i risultati sperimentali dei crash test presentati nel video della puntata del programma televisivo americano “MythBusters”.

Fig. 1

 

Se avete visionato il link relativo alla puntata del programma televisivo americano “MythBusters”, presente nel documento “Urto frontale tra due auto e luoghi comuni” non troverete nulla di nuovo in questo scritto, che vuole essere una semplice sintesi di ciò che viene trattato nel video.

Come già scritto la puntata suddetta è una puntata di rettifica di una affermazion errata ed è un utile esempio di utilizzo del metodo sperimentale per verificare e confutare un’ipotesi.

Nella seconda parte della puntata i protagonisti dello show descrivono la tecnologia e le straordinarie attrezzature di una delle più estese piattaforme dedicate ai test di collisione ad alta velocità, ovvero il centro di ricerca Exponent (Test and Engineering Center: TEC) di Phoenix in Arizona (USA).

Si tratta di uno dei centri in grado di realizzare crash test ad alta velocità. 

I veicoli utilizzati nel crash test sono dotati di una centralina per l’acquisizione dei dati derivanti dalla collisione, una sorta di scatola nera che è posizionata nel luogo dell’autovettura che presumibilmente risentirà meno dei danni dell’urto; la centralina, dotata di un telaio di protezione, è saldata sotto il pianale posteriore dell’autovettura, nel vano della ruota di scorta. 

Il sensore dell’accelerometro, che consente di acquisire le “decelerazioni” sui tre assi di riferimento X, Y, Z, trasmette i dati alla centralina. L’accelerometro viene posizionato sul sedile posteriore, lato passeggero.

 

Collisione autovettura contro una parete di acciaio: velocità 80 km/h

L’autovettura, originariamente lunga circa 4.57 metri, a seguito della compressione della struttura subisce una riduzione della sua lunghezza originale di circa 1 metro e la strumentazione a bordo dell’auto misura una decelerazione sull’asse longitudinale pari a circa 58 g, ovvero 58 volte il valore dell’accelerazione di gravità.

 

Collisione autovettura contro una parete di acciaio: velocità 160 km/h

L’autovettura, in origine lunga circa 4.57 metri, a seguito della compressione subisce una riduzione della sua lunghezza originale di circa 2 metri e la decelerazione misurata dalla strumentazione fornisce un valore medio sull’asse longitudinale pari a circa 185 g.

 

Comparazione dei risultati 

Raddoppiando la velocità di collisione si osserva che anche l’estensione longitudinale del danno (accorciamento della lunghezza del veicolo) è pressoché raddoppiata.

Di istinto si potrebbe pensare che raddoppiando la velocità di collisione raddoppi anche la severità del danno. Ma attenzione!

I dati forniti dai sensori indicano che per la collisione ad 80 km/h il valore medio della decelerazione, riferita all’asse longitudinale, è di circa 58 g, mentre per la collisione al doppio della velocità, cioè a circa 160 km/h si misura un valore medio di decelerazione  di circa 185 g, circa il triplo rispetto alla collisione ad 80 km/h.

 

Come ci può aiutare la fisica per interpretare correttamente questi dati?

Sappiamo che l’energia cinetica

dipende dal quadrato della velocità, quindi, a parità di massa dell’auto, raddoppiando la velocità di collisione dovremmo aspettarci il quadruplo della severità del danno, in quanto quadruplica il valore dell’energia cinetica K.

Ma i dati dell’esperimento indicano che raddoppiando la velocità di collisione si ottiene circa il doppio del danno ed il triplo di decelerazione.

Come si spiega?

Nell’urto l’energia cinetica iniziale viene dissipata per gli attriti, in parte per la deformazione delle strutture…

Possiamo semplificare il discorso proponendo un esempio in cui paragoniamo la compressione della struttura dell’autovettura, a seguito dell’impatto, con l’operazione che eseguiamo quando vogliamo schiacciare una lattina vuota tra le mani.

Tutti noi possiamo osservare che prendendo una lattina e comprimendola tra le mani, tale compressione, inizialmente agevole, diventa sempre più difficile man mano che riduciamo le dimensioni della lattina. Procedendo nella compressione si incontra maggiore resistenza. Questo ci fa intuire come il bilancio energetico di questi urti anelastici non sia banale da studiare e come un’analisi più precisa necessiti di modelli più complessi.

Passiamo ora ad altre considerazioni.

 

Un urto frontale di due autovetture a 80 km/h equivale a quello di un veicolo che colpisce un muro a 160 km/h?

Il centro di ricerca Exponent ha effettuato un altro test per studiare la situazione; è stato riprodotto un urto frontale tra due auto uguali alla velocità di 80 km/h. Il risultato dell’esperimento, già a prima vista, ha confermato che non ci sono differenze con l’urto frontale tra auto e muro alla stessa velocità di 80 km/h.

Quindi è sbagliato pensare che l’urto frontale tra due auto a 80 km/h sia uguale all’urto di un’auto a 160 km/h contro un muro! Le conseguenze in questo secondo caso sono ancora più devastanti. 

I dati sperimentali ottenuti dalla lettura della centralina di registrazione forniscono un valore medio di accelerazione lungo l’asse longitudinale per il veicolo rosso pari a circa 52 g, mentre per il veicolo giallo pari a circa 58 g, valori del tutto assimilabili a quelli rilevati nell’urto contro parete a 80 km/h.

Stesso discorso per l’entità delle deformazioni dovute all’urto.

Conclusioni.

La terza legge della dinamica ci insegna che anche negli urti “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”. Possiamo affermare che:

Il risultato della collisione di un veicolo che urta frontalmente contro un veicolo ad 80 km/h è analogo al risultato della collisione del veicolo che urta frontalmente la parete ad 80 km/h.

La collisione frontale tra due veicoli non è in nessun modo assimilabile al veicolo che urta la parete al doppio della velocità ovvero a 16o km/h.

 

Per chi non avesse visionato il filmato in questione ecco inserito i link: 

https://youtu.be/-W937NM11o8   Prima parte

https://youtu.be/r8E5dUnLmh4  Seconda parte

Quindi attenzione, l’intuizione non sempre conduce sulla giusta strada; usare la testa è fondamentale per sfatare alcuni luoghi comuni e correggere le informazioni errate. 

 

Bibliografia / Sitografia

Bibliografia

  • Halliday-Resnick-Walker, Fondamenti di fisica, IV edizione vol. 1, 2015, Zanichelli, Bologna
  • Walker, La fisica di Walker, vol. 1, 2016, Pearson Italia, Milano-Torino

Sitografia

Crediti fotografici